giovedì 6 febbraio 2020

Giovedì 6 febbraio 2020

Carissima S. e blog.
                                 ieri sono andato alla cella mortuaria per dare l'ultimo saluto al mio caro amico e coetaneo Luciano. Dopo la S. Messa esequiale, sono andato alla riunione del Direttivo degli Amici di Santiago sulle Antiche Vie dello Spirito.  Ho rivisto con piacere Padre leone, nostro Presidente e mio compagno di viaggio nei 3 cammini cristiani principali, che abbiamo fatti a piedi e, quest'anni nella ricorrenza del 20° anniversario del nostro Cammino a piedi per il Giubileo 2000,, ci è stato chiesto, dai membri del Consiglio, di fare una testimonianza  all'Assemblea del 7 marzo, A questo proposito, questa mattina ho letto un pensieri di San Francesco  d'Assisi, il quale indica ai suoi seguaci come si devono comportare e, questo mi ha fatto ricordare, appunto, che quando abbiamo compiuto il nostro Cammino a Roma, abbiamo seguito, in qualche modo, il suo insegnamento:

San Francesco d'Assisi (1182-1226)

fondatore dei Frati minori
Prima Regola, §8-9

"Né denaro nella borsa"

Il Signore ordina nel Vangelo: Guardatevi da ogni cattivo attaccamento; evitate con cura le preoccupazioni di questo mondo e gli affanni materiali (cfr Mt 6,25). Per questo nessun frate, che sia in casa o in viaggio, deve in alcun modo accettare lui o far raccogliere per suo conto né monete d'oro né spiccioli, e ciò né per comprare vesti o libri, né come salario per alcun lavoro, né per alcun pretesto, salvo in caso di necessità evidente per dei fratelli malati. Poiché l'oro e il denaro non dobbiamo considerarli più utili o preziosi dei sassolini. Il diavolo fa di tutto per accecare coloro che desiderano il denaro o che gli danno più valore che ai sassolini. Noi che abbiamo lasciato tutto, non perdiamo il Regno dei cieli per così poco (Mc 10,24.28). Se ci capita di trovare in qualche parte delle monete, non facciamoci più attenzione che alla polvere che scuotiamo dai piedi: poiché è vanità delle vanità, tutto è vanità (Eccl 1,2). (...)
Tutti i frati s'impegneranno a seguire l'umiltà e la povertà di nostro Signor Gesù Cristo. (...) Devono rallegrarsi quando si trovano fra gente di bassa condizione e disprezzati, fra poveri e infermi, fra malati e lebbrosi, e fra i mendicanti nelle strade. Quando occorrerà faranno la questua in natura. Non abbiano vergogna: si ricordino piuttosto che nostro Signor Gesù Cristo, il Figlio del Dio vivente e onnipotente (...), è stato povero e senza tetto, ha vissuto di elemosina, lui, la beata Vergine, e i suoi discepoli.

Buona giornata!


GIOVEDI’ 01/06/2000


1° giorno di cammino :  ore 6  Monselice  San Giacomo - Badia Polesine.

Saliamo i gradini che portano alla passerella sul canale Bisatto, la attraversiamo e giriamo verso sinistra, la strada asfaltata  ci porta a Marendole; non facciamo l’argine, perché è bagnato . Passiamo dietro la Chiesa di san Nicola e recitiamo le preghiere del mattino. Poi prendiamo, questa volta, l’argine e proseguiamo verso Ca’Barbaro.
L’argine ci conduce fino a via Rana Ca’Mori, nel territorio di Este. Scendiamo sulla strada asfaltata, poiché l’argine è pieno di erba alta. Più avanti ci fermiamo a mangiare delle ciliegie, a pregare presso l’edicola dedicata alla Madonna di Fatima, a visitare il Santuario della Madonna delle Grazie, il Duomo di Este dedicato a Santa Tecla e, poco dopo, arriviamo a via Riva di Fiume,  oltrepassando il ponte sul fiume di fronte al Manfredini. Il percorso lungo l’argine è asfaltato e un po’ più avanti discendiamo sulla strada laterale n° 3 , che ci porterà a Carceri. Lungo la strada abbiamo incontrato due ragazzi che stavano lavorando nell’orto di casa e chiediamo alcune informazioni riguardanti il percorso, essi si mostrano molto interessati al nostro pellegrinaggio;  ci chiedono quali strade percorreremo e poi ci salutano augurandoci buon viaggio, dopo averci indicato la strada per l’Abbazia. Fatto circa un chilometro, uno dei ragazzi ci raggiunge in bicicletta per dirci che, secondo lui, potremmo prendere una strada più breve per arrivare a Roma e sarebbe la via Emilia; ma noi gli spieghiamo che abbiamo intenzione di arrivare all’Abbazia di Nonantola e poi proseguire per la via Francesca della Sambuca. Più avanti ci spostiamo sul margine del fosso per far passare un trattore sul quale si trova Antonio, il quale si ferma , ci saluta e ci chiede da dove veniamo e dove stiamo andando. Fatti altri 500 metri ci raggiungono Enrico e un suo amico, due reporter del Mattino di Padova, dopo averci rintracciato attraverso il cellulare. Ci fanno un’intervista e delle foto , poi ci salutano e ci augurano, anche loro, buon viaggio. Arrivati a Carceri troviamo Don Franco che ci ospita per far colazione, ci fa visitare l’Abbazia assieme a Piero, che è il curatore del museo agricolo-etnografico che si trova all’interno dell’Abbazia stessa. Dopo la visita ci salutiamo e gentilmente Don Franco ci fornisce viveri per il pranzo e ci indica il percorso per andare alla Chiesazza. Attraversato il centro di Carceri si prendono le vie Gorna, Lenguora, Arzaron e Granza. Lungo una di queste strette vie di campagna,  ma asfaltate e ben tenute, salutiamo Graziano e Adriana che ci salutano e ci augurano buon cammino. Finalmente arriviamo alla Chiesazza, una piccola chiesa in stile romanico solitaria e intitolata a Santa Maria del Prati. Ci togliamo gli zaini, ci corichiamo sul prato all’ombra di questa chiesetta  chiusa per  restauri. Mentre consideriamo, con dispiacere, che sarebbe bello visitarla, arrivano Renzo e Mirco che sono gli operai della ditta incaricata del restauro, i quali, visto il nostro desiderio di vedere l’interno della chiesa, ce la aprono e così  possiamo gustare questa splendida chiesetta,  semplice nella sua architettura romanica, all’interno della quale c’è  un meraviglioso San Rocco pellegrino il quale sembrava augurarci “buon cammino”. Riprendiamo la strada asfaltata che porta a Piacenza d’Adige. Nei pressi di quello sperduto paese, vicino all’Adige, incontriamo Silvia alla quale chiediamo dove possiamo trovare una fontana. Subito ci indica il posto. Nell’allontanarci da lei Paolo vede per terra una moneta da 500 £ , che prontamente, fedeli alla nostra regola, diciamo a Silvia di raccogliere e tenersi. La fontana che ci aveva indicato era secca e abbiamo chiesto dell’acqua a un impiegato del municipio lì vicino, il quale molto titubante , perché il municipio era chiuso ed  egli non era abituato a queste richieste, ci fa entrare a riempire le borracce dal rubinetto del bagno.  Uscendo ho visto 100 lire per terra; allora ho chiamato un bambino di nome Matteo, dicendogli di   prendersele. Appena fuori di Piacenza si gira a sinistra e si prende l’argine che porta verso il ponte di Badia Polesine. Evitiamo così la strada asfaltata di Masi. Arrivati a Badia incontriamo un operaio del comune che si chiama Bozzolan, il quale ci indica la casa della custode della Vangadizza,  che si chiama Paola. Quest’ultima, dopo essersi informata presso il municipio, ci accompagna nell’alloggio dove trascorreremo la notte. A Paola chiediamo dove padre Leone avrebbe potuto celebrare la S. Messa, e  dopo poco ci raggiunge e ci dice che la S. Messa si celebrerà alle 18.30, nella parrocchiale di Badia Polesine. Dopo una buona doccia ristoratrice ci rechiamo in chiesa, salutiamo don Dante e Don Alessandro e con quest’ultimo padre Leone concelebra la S. Messa, io ho letto la lettura di Paolo di Tarso; il santo del giorno è san Giustino martire. Dopo la Santa Messa vado in sacrestia e chiedo a don Alessandro di appormi il timbro sulle credenziali; chiedo poi al sacrestano se ha dell’acqua da darci per l’indomani, perché noi siamo pellegrini e senza denaro:  siamo partiti affidandoci alla Provvidenza. Mentre chiedo queste cose don Alessandro, che ha capito l’antifona, chiede alla zia suora se ha disponibilità per la cena. Questa non potendo decidere, manifesta tutto il suo imbarazzo; allora don Alessandro ci dice che avrebbe provveduto lui; ma nel frattempo ritorna la zia suora e ci comunica che la superiora ha acconsentito ad ospitarci per la cena in asilo. Arrivati all’asilo abbiamo fatto la conoscenza di suor Vincenza, suor Assunta, suor Severina e suor Felice, le quali ci hanno dimostrato tutto il loro entusiasmo e il loro spirito di accoglienza verso i pellegrini del  Giubileo.

Queste sono le strade, i monumenti, i campi pieni di grano, le viti e i filari di gelsi, ma soprattutto i volti delle persone che abbiamo incontrato lungo la strada che da San Giacomo di Monselice ci ha portato a Badia Polesine, in questo primo giorno di pellegrinaggio verso Roma.












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