Carissima S. e blog, mi è capitato tra le mani una lettere scritta nel 1837 da un certo Conte Magalotti, il quale era uno studioso della mente, oggi si chiamerebbe psicologo. Egli ha scritto qualchecosa che vuole dialogare con un cardinale, il quale naturalmente si riferisce all'anima. L'ho trovata molto simpatica e curiosa per il modo di scrivere in quell'epoca. Buona giornata!
“L’anima della quale aveva a esser
forte più della bizzarria”
DALLE LETTERE
DEL CONTE LORENZO MAGALOTTI
E
DALLE DISSERTAZIONI
DEL CARDINAL GERDIL
VENEZIA
MDCCCXXXVII
Esame d’altre operazioni e proprietà
dell’anima malamente adattabili alla materia. Che quella fiera naturale
inadattabilità dell’intelletto a concepir qualche cosa, che non sia materia,
non è dettame di ragione, ma pregiudizio di consuetudine. Vantaggio in
ammettere ad eterno anzi Dio che la materia.
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A me pare che non solamente vi sieno
alcune operazioni dell’intelletto umano, che non possono reggersi in un’anima
materiale, ma che ne siano certe, dirò soprintellettuali, le quali abbiano la
lor sede in una parte più spirituale del medesimo spirito, la quale venga a
essere quasi spirito e quintessenza di spirito, non di uno spirito rappreso e
congelato in un corpo d’anima materiale, qual si sognò quel Venanzio Vittore,
confutato da s, Agostino, ma d’uno spirito vero vero spirito, sul quale ne
galleggi un’altro più leggiero, più volatile, in somma più eterizzato.
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Vi è una tragedia inglese, nella quale
s’introduce un tiranno, che avendo incaricato un suo vecchio capitano di
un’impresa, l’anima della quale aveva a esser forte più la bizzarria, che la
condotta, e quegli essendosi scusato con gli anni, che non lo facevano più
esser in caso a certe esecuzioni, il tiranno gli risponde: Io t’ho sempre per
l’addietro creduto un brav’uomo, ma ora mi accorgo che il bravo debb’essere
stato il tuo corpo, e che il tuo animo è stato un poltrone, quel poco ch’egli
ha fatto di buono a’ suoi giorni, avendolo fatto a favor del sangue e degli
spiriti giovanili. Ah la risposta è rozza, irragionevole, brutale; ma ella
spiega a maraviglia quel che io voglio dire.
L’istesso s’osserva più manifestamente
in tutte le operazioni dell’inventiva in tutti i generi. Di un pittore si darà
più facilmente il caso ch’ei conservi da vecchio la giustezza dei contorni, che
la grandezza della fantasia. Del poeta non
se ne discorre. Basti osservar l’Iliade e l’Odissea: quella tutta
drammatica e piena d’azione, questa tutta racconti e novelle, che è proprio il
genio e il carattere della vecchiaia, e si può dir ch’ella sia come il reflusso
della mente d’Omero, che, a guisa d’un
grande oceano, si ritira e lascia in secco le spiagge.
Di questi dicadimenti e di queste
mutazioni non è punto difficile il rinvenirne il perché; ed è tanto il
coraggio, quanto la fantasia, ancorché siano disposizioni della mente,
riseggono tuttavia in quella partesi essa, che si chiama immaginazione, la qual
si può dire che abbia qualche segreta intelligenza col sangue e con gli spiriti
animali, e si fa più calda e più fredda a misura di essi. Quindi
l’immaginazione ne’ giovani è forte e vivace, perché il sangue, che le bolle
sotto le somministra in abbondanza di quegli spiriti che, sollecitandola, la
mettono in ardenza, e quest’ardenza, trasfusa nella mente e quivi assorbita, e
spiritualizzata, fa il brio ne’ coraggiosi, e la bizzaria né pittori e né
poeti.