sabato 29 agosto 2015

mah!

martedì 25 agosto 2015  

Carissima S. e blog, si avvicina settembre e anche la riapertura delle scuole che mi rimandano ai miei piccoli anni nella Scuola Vittorio Emanuele II di Via Garibaldi.

  Nella mia scuola c'erano solo bambini, le bambine andavano a scuola dalle suore. Nell'aula eravamo una trentina di ragazzi, c'erano anche dei ragazzi più grandi, cioè del 1939 e del quaranta, perché la guerra aveva loro impedito di frequentare la scuola, ma ce n' erano anche del 1942.  L'aula era grande e il soffitto molto alto, aveva dei grandi finestroni che guardavano il campo da calcio, da lì la maestra guardava i giocatori di pallone e fumava la sigaretta. Per alcuni mesi ci faceva fare le aste. I banchi erano di legno duro e sopra c'era il calamaio con l'inchiostro.
  Le ore non passavano mai, durante la ricreazione tutti i miei compagni mangiavano un frutto e del pane bianco che tiravano fuori dalle loro cartelle di cartone marron pressato, io avevo una sacchetta di juta e dentro avevo un pezzo di pane nero che facevo presto a mangiare, poi rimanevo a guardare la bocca dei miei compagni e io degluttivo con loro le loro buone cose. Non vedevo l'ora che suonasse la campanella, ero sempre il primo ad uscire e correvo all'E.C.A. l'Ente Comunale di Assistenza dove mi mettevo in fila dietro ai grandi, e quando veniva il mio turno una cuoca mi metteva la pasta o la minestra dentro a una scodella, mi dava un pezzo di pane nero e qualche volta una scatoletta di tonno. Mi mettevo seduto ad una lunga tavola e mangiavo avidamente. Terminato il desinare, correvo al Convento dei Frati dove distribuivano la pagnotta di pane nero che mangiavo durante il ritorno a casa.
        Sono passati cinque anni, ho cambiato tanti compagni di classe e tanti maestri e maestre. Ricordo in particolare, un maestro buono, ma severo, che aveva sempre a portata di mano, un piccolo pezzo di canna di bambù che lanciava addosso ai ragazzi distratti. Una volta l'ha gettata anche a me, ma mi sono abbassato e si è infilata nel calamaio del compagno che avevo dietro che si tutto sporcato d'inchiostro.
 
 
In te sti dì a ghe xé
sagre e feste dapartuto
I xé i ultimi jorni de vacanza
pa i putei e pa e mame
Fra poco se se alsa bonora
e riscomissia robe da fare a ogni ora
Intanto go visto na piassa nova
ca a xé sta inaugurà
Poco distante ghe xé da anni
na scoa abandonà
e in ruina a xé ndà
A podarìa essare
on logo da doparare d'istà e d'inverno
da putei, ansiani er anbuatori
ma xé sta preferìo a piassa
e cossì gavemo da na parte
on rosegoto e da st'altra na novità
ma chissà se e quando a vegnarà doparà.

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