Ciao Sandra, proseguo con le mie emozioni. Grazie per ieri e buona domenica
RICORDI
PERSONALI
La vita di Monselice nel periodo dopo la
grande guerra e l’inizio del fascismo, per tutta la sua durata, è stata punteggiata da vicende comuni a ogni
paese e città della nostra cara Italia. Anche qui sono accadute tante di quelle
brutte storie, dovute alle scelte scriteriate dei nostri governanti, invasati e
plagiati da ideali che non potevano che approdare dove effettivamente sono
naufragati. Di questo periodo io non voglio scrivere alcunché e ricordare solo
le grandi tribolazioni dei miei genitori, emigrati, appena sposati, nella
colonia di Albania, dove è nata mia sorella maggiore. Ritornati poi in Italia a
causa della malaria, si sono ritrovati a dovere incominciare tutto da capo. Mio
padre Aurelio, faceva il manovale di qua e di là, prima di essere chiamato
afare il militare nella seconda guerra mondiale. La sua prima destinazione fu
a Porto Empedocle in Sicilia. Partì
lasciando a casa mia mamma Sandrina, la quale era in cinta di me, e che nacqui
il 19 luglio1941. Prima di me c’erano già mia sorella Franca di 12 anni, Noris
di 8 e Lina di 4. Papà dunque, era a difendere la Patria, ma i pochi soldi
che prendeva, non bastavano né per lui, né per noi, allora, la mamma per
poterci mantenere si alzava alle 3 del mattino per andare ad accendere il fuoco
delle stufe di un ufficio pubblico e per fare le pulizie, mentre noi e la casa
di via Moraro eravamo nelle mani di mia sorella Franca, la quale, appena
tornava la mamma, verso le 8, andava presso qualche famiglia benestante a fare
le faccende di casa. Al termine della guerra, nel 1945, anche se ero piccolo,
avevo appena 4 anni, mi ricordo della grande fame che avevo, e che mi alzavo
alla mattina presto, con le scarpe slacciate, andavo di corsa alla chiesa di
san Paolo per fare il chierichetto, perché al termine della s. Messa, Santina la perpetua del prete, mi dava un po’
di caffelatte. Erano anni duri e come ho detto sopra, avevo sempre una gran
fame, ma mi sono sempre dato da fare andando, nel periodo natalizio a cantare
la “ ciara stea” e a capodanno ad augurare il “buon anno”; in autunno andavo
alla “questua” con Rino campanaro. Facevo anche piccole commissioni, andando a
prendere le sigarette o il giornale per qualche adulto, il quale mi lasciava
gli spiccioli a mò di mancia; mentre alla sera andavo a vendere caramelle,
bagigi e quantaltro… al cinema Roma.
Mi ricordo delle corse che facevamo
tutti, quando suonava la sirena che avvertiva l’arrivo di “Pippo”, per andare a
nasconderci nel freddo rifugio della cava della Rocca, o di quella volta, 7
febbraio 1946, che hanno bombardato il cinema Roma pieno di soldati tedeschi.
E’ stato un macello e chi va la cimitero oggi, vede ancora una fila di croci
bianche attaccate alla mura esterna, con i nomi dei giovani soldati tedeschi
morti in quella circostanza.
Finalmente a 5 o 6 anni, guerra
permettendo, sono andato a scuola elementare. Il 6 febbraio 1946 è nato mio
fratello Franco, che da sempre noi chiamiamo Marino; mi ricordo quando la mamma
è tornata dall’ospedale con Marino in braccio, e io sono andato ad incontrarla
sulla “passerella di legno” in località “Grolle”, gli correvo accanto felice di
potere avere finalmente un fratellino con cui giocare.
Il periodo della scuola elementare mi
ricorda, che al termine delle lezioni, di corsa andavo all’E.C.A., l’Ente
Comunale di Assistenza, che era dopo l’ospedale, mentre la mia scuola era in
via Garibaldi, dove mi davano una scodella di minestra, un pane e una
scatoletta di tonno, ma non era finita qui, perché di corsa ritornavo al
Convento di San Giacomo, dove i frati distribuivano a tutti una bella pagnotta
di pane nero. Continuavo a fare il chierichetto per prendere le “ mance” al termine dei battesimi, dei
matrimoni e dei funerali. A scuola poi, avevo dei cari amici, che avevano più
possibilità di me e che mi davano qualche pezzo di pane e cioccolata. Ma anche
se ero grandicello continuavo a fare qualche piccolo servizio per i grandi e
aiutavo mio papà, il quale appena tornato dalla guerra, si era costruito con
quattro assi, una ruota e una “mola a smeriglio”, una specie di carriola che
azionava un pedale, al quale era attaccato una cinghia che faceva ruotare la
ruota smerigliata per affilare coltelli, forbici, falci e altro materiale da
taglio, ben presto papà era diventato popolare e conosciuto come “Orelio el
moeta”. Mamma continuava ad andare a fare pulizia e accendere le stufe per gli
impiegati dell’ ufficio del Catasto, Franca era andata a lavorare come
stagionale alla S.A.I.A.C.E, fabbrica di
marmellate; Noris andava a fare la stagione nelle risaie piemontesi e Lina era
andata a imparare a fare la “sartina”.
Questa è una breve parte della mia
storia personale, che è continuata con la mia partenza per il collegio, così ho
aiutato i miei genitori, che avevano una bocca di meno da sfamare. Inoltre, mi
hanno lasciato andare con la speranza che avrei potuto studiare e conseguire un
diploma che mji avrebbe permesso di fare una vita meno grama della loro. Sono
rimasto a Treviglio per tre anni, ma al momento di presentarmi agli esami
statali di terza media, non c’erano i soldi per pagare la tassa d’iscrizione,
così sono tornato a casa con solo la licenza di quinta elementare, che avevo
prima di partire. A casa ho fatto i mestieri più disparati pur di guadagnare
qualcosa e non essere di peso ai miei genitori. Ho fatto il garzone in diversi
bar, ho imparato a scrivere a macchina e a fare l’impiegato, presso lo studio
legale di mio cognato Benito, presso il quale ho continuato a studiare da solo.
In seguito, con l’aiuto della maestra Gianna Montagner, ho potuto conseguire la
licenza media da privatista, presso la scuola media Guinizzelli, attraverso la
quale ho potuto andare a lavorare come sostituto portalettere e impiegato
straordinario, presso le Poste Italiane, così ho potuto conoscere tutti gli
uffici della Provincia di Padova, dove venivo chiamato a sostituire malattie e
ferie dei postini e degli impiegati. Per otto anni circa, ho alternato
sostituzioni, impiego da mio cognato e contratti di lavoro a scadenza, in
Francia e Germania. In seguito mi si è presentata l’occasione di essere assunto
in Ospedale, ma dovevo frequentare il corso di infermiere generico. Durante il
corso mi è stato chiesto di sostituire un portiere-centralinista di notte,
nella portineria dello stesso Ospedale. Ho accettato prontamente e dopo due
anni mi hanno assunto in pianta stabile. In questo posto ci sono stato circa 30
anni, durante i quali ho continuato a studiare mentre facevo i turni. Mi sono
iscritto alla scuola serale per ragionieri presso l’Istituto J. F. Kennedy di
Monselice, e dopo cinque anni di sacrifici, mi sono diplomato Ragioniere e
perito Commerciale nell’anno scolastico 1982/3, con 39/60. Sono poi andato in
quiescenza nel 1996. Sposato con Maria, senza figli, sono vedovo dal 2002 e dal 2004 sono assieme
a Gemma e abito nella sua casa. Le mie attuali occupazioni sono la lettura, la
scrittura, il Volontariato ospedaliero, i pellegrinaggi a piedi a Santiago di
Compostella, a Roma e a Gerusalemme; sono socio dell’Associazione Amici delle
Arti di Monselice e Amico dell’Associazione i “Mille Volti” di Milano.
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