Il cinema sociale era
stato bombardato da "pippo", il famoso bombardiere inglese, in una
notte scura, senza stelle. Sotto le macerie rimasero molti giovani tedeschi.
Ancora oggi, sulla mura del cimitero, sono allineate delle croci a ricordo di
quei giovani soldati, la loro età va dai diciotto anni a un massimo di ventisei.
Nel primo dopoguerra il cinema fu ricostruito e chiamato cinema Roma, negli
anni che seguirono, m olti di noi ragazzi,durante le vacanze scolastiche,
abbiamo venduto caramelle durante le proiezioni. Avevamo una cassetta di legno
con la tracolla e passavamo durante l'intervallo, su e giù per la sala a
vendere le caramelle. Con questo piccolo servizio, potevamo vedere tutti i film
e avere anche un po' di "mancia". La sala era stata costruita con
oltre trecento posti a sedere, fra sotto
e la loggia, i posti erano divisi da transenne, erano avanti, indietro e nella
loggia. Mi ricordo che quando c'era qualche altro compagno più grande, avendo
terminato le scuole elementari, prendeva il posto fisso, tutto l'anno, a
vendere le caramelle, noi ragazzi facevamo la colletta per comperare un
biglietto d'ingresso nei posti dietro, e durante la proieizione, egli aveva il
compito di aprirci le porte d'emergenza, e così noi potevamo sgattaiolare
dentro senza pagare il biglietto. La maschera "Montin" aveva il suo
dafare per trovarci e sbatterci fuori. Era un buon uomo con i baffi, la pila in
mano, magro, segalino e girava tutta la sala per vedere chi era senza
biglietto, ma noi ragazzi ci nascondevamo dapertutto e non ci trovava quasi
mai, o non voleva trovarci, a meno che non facessimo troppi schiamazzi. Infatti
qualche volta, correndo accovacciati, sbattevamo contro le poltrone di legno, o
schiacciavamo le carte di caramelle, o calpestavamo "i bagigi", che
numerosi corpivano il pavimento della sala, la maschera era allora costretto a
prenderci per le orecchie e portarci fuori, facendo magari finta di darci dei
calcioni, sotto l'occhio della cassiera che ci gridava: " Così un'altra
volta impari a pagare il biglietto". E allora, assieme ai compagni, che
non erano riusciti a entrare al cinema, ci accontentavamo di vedere il film
attraverso i pezzi di pellicola, che l'operatore tagliava, quando questa si
rompeva e che noi trovavamo sul bidone delle immondizie. Negli anni che
seguirono "Pippa" , il gestore del cinema, si era accordato, con la
"Società Operaia", proprietaria della sala, per costruire il cinema
all'aperto, su un terreno accanto. Il cinema all'aperto era circondato da una
mura di due metri e tuttointorno aveva degli alberi, per noi ragazzi era uno
scherzo, fare "cavalletta", salire sulla muretta, nasconderci fra gli
alberi e vedere il film a sbaffo. Una di quelle sere, durante la proiezione del
film " Il figlio di Tarzan ", io emisi un grido alla Tarzan, framezzo
i rami degli alberi, tuti gli spettatori si girarono stupiti e poi si misero
aridere. Da quella volta mi misero il sopranome di "Tarzan" e qualche
volta, qualche mio coetaneo o giù di lì, mi incontra e mi saluta: " Ciao
Tarzan", in ricordo delle piacevoli sere d'estate, al "Cinema
Roma" .
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