Lunedì 11 maggio 2020
Carissima S. e blog.
ieri, che il corona virus, ha allentato la morsa e ci hanno dato un po' più di libertà di movimento, così ho trascorso una giornata tra accadimenti belle e meno belli. L'ho iniziata con la S. Messa, al termine della quale sono andato nella mia casetta di Tribano che aveva bisogno di essere arieggiata. Nel pomeriggio, con la mia bici a pedalata assistita, sono andato a trovare il mio figlioccio Andrea a Cartura.Gli ho fatto una sorpresa che ha gradito con gioia. Per entrambi è stato bello ritrovarci dopo tanti mesi e immergerci nei ricordi recenti dei nostri lutti, ma anche dei bei momenti in tantissimi anno (più di 50), che abbiamo trascorsi in casa sua. La casa paterna l'ho trovata trasformata e molto bella. Andrea è rimasto solo e l'ha rinnovata all'interno e all'esterno in modo piacevole, ma la sorpresa bella che mi ha fatto Andrea è stata Gilda, una bellissima asinella di poco più di due anni. Andrea e Gilda Andrea non è più solo, loro si fanno compagnia e si vogliono bene, sembrano padre e figlia, sono rimasto a bocca aperta quando lui l'ha chiamata e lei ha risposto con un lungo raglio. Siamo entrati nel suo recinto e con lei abbiamo fatto il giro del suo campo, dove sono scomparse le vigne, assieme a suo cugino Roberto, lo hanno trasformato in un prato piantumato con diverse specie di piante, che ora sono piccole, ma stanno crescendo, ne hanno anche mantenuto una parte ad orto con molteplici specie di verdure. Contentissimo sono rimasto con Andrea un paio d'ore e poi ho ripreso la via del ritorno. Alla sera Andrea mi ha inviato questo messaggio al cellulare - Sono stato contentissimo oggi della tua sorpresa, grazie zio. - Così piacevolmente è trascorsa una parte di questa domenica di maggio. Verso sera ricevo una telefonata dei compari che mi invitano nella sua casa di campagna a mangiare pane e salame, annaffiato da un un buon vino serprino. A sera inoltrata, a casa, mentre stavo smaltendo il vinello e riavvolgendo la pellicola di questa bella giornata, mi arriva un messaggio che mi ha gettato nello sconforto, Giovanna mi scrive che è morto l'amico poeta Luciano Bonvento, al quale rendo omaggio con una sua poesia a pag. 13 del suo libretto LA GERLA e un riassunto del suo percorso di vita poetica scritto da Lauretta Vignaga trovato in internet
Appena che...
La luna sorride sorniona
alla notte che culla il mio sonno.
Al primo bussare del giorno,
appena che,
impallidendo, scompare,
apro la finestra:
Il mattino
rotolando dentro la mia stanza
raccoglie tutti i miei sogni
per caricarli sul calesse del destino.
Vorrei anch'io andarmene con loro,
ma i miei pensieri si perdono
dentro uno spicchio di cielo
e d'un battere d'occhi per svegliarmi.
Questa poesia assieme a...quando a Betina col so tabaro me infagotarà, sembrano il preludio al tuo destino.
Ciao Luciano, ora canterai le tue poesie a faccia a faccia col PARON.
Luciano Bonvento……..la vita in poesia
Persona allegra e gioviale, pronta all’amicizia e aperta alla solidarietà, Luciano Bonvento ha sempre nutrito affetto per la sua terra, generosa e incontaminata, e nostalgia per il tempo passato, difficile e povero ma genuino nei rapporti umani.
La predisposizione a scrivere versi gli era connaturata ma esce alla luce per caso, nella ricorrenza di un Natale di tanti anni fa.
Radio Blu, emittente privata molto diffusa nel 1973, lancia un concorso di poesia e Luciano, spinto dagli amici che conoscevano la questa sua dote spontanea, vi partecipa. ” Non avevo mai letto o recitato le mie composizioni in pubblico prima d’allora” – ricorda. “Ma è andata bene e il successo mi ha dato la sicurezza e la fiducia che mi mancavano. Qualche tempo dopo ho cominciato a condurre un programma radiofonico intitolato ‘Il Salotto’, per Radio Ombra, che trasmetteva da Costa di Rovigo, e aveva un seguito di ascoltatori in diverse regioni del nord e centro Italia”.
Nel 1981 arriva il 1° premio nel concorso ‘Alda Cortella’, a Badia Polesine, con la poesia ‘L’Aquilone’. Nel 1986 partecipa alla ‘Corrida’, di Corrado Mantoni, un programma molto divertente di Canale 5. Luciano recita in italiano la poesia: ‘ Io sarò lì ‘ e il pubblico, anziché fare schiamazzi, lo sommerge di applausi facendogli guadagnare il 2° posto. Grazie alla profondità dei suoi sentimenti e il valore dei concetti, espressi, sia in dialetto che in italiano, cominciano ad arrivare premi e riconoscimenti in competizioni poetiche organizzate in tante città d’Italia: oltre 30 tra Veneto, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana e Piemonte. “Ricordo con particolare soddisfazione – commenta Luciano – il premio ‘Mario Luzzi’ a Semproniano, Grosseto, dove mi sono classificato primo con ‘Cuore contadino’. Era agosto e, oltre al premio mi è stato offerto pranzo e cena e il pernottamento.

Alla poesia, Luciano Bonvento ha abbinato, per 12 anni, la partecipazione al gruppo ‘Cante & Ciacoe’, di Rovigo, che si dedicava a far conoscere le tradizioni polesane con concerti di musiche popolari, poesie e brevi racconti conditi di facezie e ironia. Luciano aveva il ruolo di corista e poeta e incantava il pubblico con le liriche in dialetto e i ricordi della vita di una volta.
Il suo Palmarès elenca: 50 i primi premi, tantissimi i secondi e terzi e le segnalazioni. Oltre a quelli già citati meritano una sottolineatura: il premio di poesia di San Felice sul Panaro, Modena, dedicato a ‘Guido Modena’, del 1989, dove Luciano viene scelto a rappresentare il Veneto. Il concorso infatti, sceglieva un solo poeta per ciascuna regione, il migliore. Con ‘ O’mani de ‘na ‘olta’, il 15 ottobre 2016, si aggiudica il premio letterario internazionale ‘Energie per la vita’, promosso dal Lions club international di Rho, Milano. Molte poesie sono state inserite in antologie o pubblicate su riviste letterarie.
Di se stesso, Luciano traccia questo breve curriculum: “Da anni mi dedico alla poesia, nella quale ritrovo me stesso e l’amore per le cose; il calore e le immagini della mia gente, la realtà della mia terra che di giorno in giorno vivo”.
Molti i giudizi dei critici letterari sul suo modo di poetare, sia in lingua che in dialetto, modalità espressiva che sgorga con chiarezza e spontaneità. E’ stato definito ‘crepuscolare’ per l’attenzione alle persone e alle piccole cose, che gli permette di arrivare alla sostanza delle une e delle altre. Poesia che si ispira alla classicità per la ricerca del termine e la precisione nella forma.

La produzione poetica di Luciano Bonvento è raccolta in due volumetti: ‘Se lo potesse il cuore…..’ per le poesie in italiano; ‘Se ga sarà nàntro belcò ‘ per le composizioni dialettali. Iniziando dalle liriche in italiano ci colpisce la particolare ‘comunicazione per immagini’ che l’autore costruisce prendendo a prestito gli elementi del cielo e della terra, li unisce e trasforma con le specificità di ciascuno e le emozioni che guidano il suo pensiero.
Ecco alcuni esempi: ” Quando l’alba si appresta a divenire giorno/………./vorrei tuffarmi nello sguardo dell’infinito/…….. / per
colmare la mia fantasia bevo gocce di luce /dal calice delle favole più belle, soprattutto l’ultima/ quella che mi racconta di un mondo senza guerre/…………/Finiti gli anni dell’infanzia ,/ cercammo la magia nelle parole/ lasciate nelle promesse/ ma la fretta e l’indifferenza/ calpestarono il sorriso/ e il tempo si fece roccia, sole inginocchiato/ sull’asfalto d’un cammino d’arsura”/…….( L’ultima favola). “…………… / Come lama affilata dal fabbro, / il cemento ha reciso il verde dei prati / e la chitarra agreste delle cicale / suona per improbabili papaveri d’asfalto/………. Il mio cuore non sa volare, / perciò ho raccolto frammenti / di lontani pomeriggi di sole / per farne echi di cuore a fiorire / sul mosaico” – miraggio dell’orizzonte./………...( L’ombelico del cielo). ” Fiorivano una dopo l’altra le viole / con il verde respiro di marzo/ e avevano i colori dolci delle ciliege, / i tramonti ruffiani negli occhi dei giovani,/ ai primi batticuori innocenti/…….sull’ansia del vento, sento ancora sussultare / carri zoppicanti trainati dai buoi/ che mi portano l’odore del frumento”; /.( Come l’eco di una favola finita )……………….”Sulle rampe dell’Adige / dove l’ erba cresceva /come le mie speranze e i miei sogni / io ebbi corse di libertà/ nella fanciullezza. /Si alzava l’aquilone/ su cieli tersi di primavera/ e / tra le grida festose di noi bimbi / disegnava voli / per immagini d’infinito / tra le braccia del vento,”/……..( L’aquilone).
.”Quando io non ci sarò più,/….non cercatemi /……. / dentro il silenzio dei ricordi; / cercatemi in campagna, /quando sbocciano i fiori, /dentro l’anima dei campi verdi: / io sarò lì! /Cercatemi in un libro di poesie, / nel sorriso limpido, cheto / dei volti pieni
d’allegria:/…….cercatemi in osteria / tra quelli che giocano a carte. / In un teatro di periferia / dove c’è musica, dove c’è allegria /……/ dove, libero e sincero, si diffonde / il canto della semplicità / io sarò lì ! (Io sarò lì )……

Parole piene di nostalgia del passato, dei sogni di un ragazzo che aspettava un domani diverso, dove la gente era onesta e sincera e la vita meno dura. Con il passare degli anni, quel ragazzo, invecchiato, si ferma a riflettere sulla realtà della vita. I sogni svaniti, si volge a guardare quanto era bella la sua terra e quanto profondo il sentimento che ancora prova per lei. Emozioni e parole si intrecciano e si fondono, nei versi citati, regalando stupore e magia a chi legge.
Il passato contadino, il duro lavoro nei campi, la voglia di libertà e benessere dei giovani, assieme a simpatici quadretti di vita di paese formano il contenuto della raccolta di poesie in dialetto che Luciano Bonvento ha composto, con tutta la spontaneità e la genuinità delle cose vissute in prima persona. Con il valore aggiunto della pronuncia con cadenze, accenti e troncature peculiari del vernacolo parlato prima che radio e Tv, falsassero cadenze e terminologia.
Ecco un esempio: Se ga sarà nàntro belco’n’. “La luna stasera la pàre on canfìn tacà al çielo, / piantà de traverso sui
canpi de froménto. /I spaventapasseri col vento / i se mòve come meàndini fantasma, / restà, col seghéto in man, drénto el tenpo. / I xé partii tuti, tutiquanti / i òmani zòvani chi laorava in canpagna./ La luce de’ e fabbriche là in çità / la se ciàma speranza / speranza de védare ogni dì / la pegnata che bo’je su’ a stùa del magnare./ Semo restà in pochi qua in paese / dove anca el Signore / bisogna ‘ndàrlo a çercàre in césa./ Jérino in tanti , désso: / se contemo sui déi de’ e man./ Me ricordo, quando fasivino ‘e ganzéghe / péna finia la miezaùra…./ quanti ca jérino!/ Fra poco ‘ndarà che restaro’ solo mi,/ mi solo a farme conpagnia……….. / ……. Ancuò se ga sarà naltro belco’n / n’altro amigo xe partio…./ a restemo senpre in manco a sognare”.
Concludiamo con: ‘El xe tenpo perso’, piccolo capolavoro di ironia e leggerezza sulla sorte che tutti ci attende. ” Quando el tabàro / dé a ‘sio’ra betìna’ / m’infagotarà o o’ci / e tuto el me co’rare / el ‘ndarà a sbàtare / do’sso el muro de’ a fine / fé finta de gnénte,/ no’ xé inportante, / xè zà sucesso par tanti / e sucedarà par tuti : a éla/ no’ ghe sca’pa nessun./ Morire xé ‘na ro’ba natura’e./ No’ serve pia’zare,/ el xé tenpo perso. / La vita e’a xé ‘na scarpìa / tacà al muro del tenpo / che ‘a sco’a del destin destàca / quando le vòe éa./ Portéme via cantando / cò ‘ a banda che so’na, / ridì de’ e barzeléte / che mi contàvo in conpagnia, / lezìme la me ùltima poesia./ Metìme viçin a ‘e man / quatro boòce, on màzzo de carte, / e invénze de dire ‘el xé morto’, / sù’ a me tonba scrivì:/ ‘El xe drìo recupérare / tuti i soni ch’el ghéva perso……
.”.
Lauretta Vignaga (2017)
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